Qualche giorno fa mi sono deciso a visitare l’EXPO. Incuriosito da questo enorme evento la prima domanda che mi sono posto per evitare un giro a vuoto è stata: “ci saranno mostre di fotografia?”. Mi sveglio la mattina accendo l’Ipad e scarico l’applicazione dell’Expo; bella,ben fatta, elenca tutti gli eventi e i rispettivi orari della giornata espositiva. Permette di farti un percorso tra i padiglioni che vuoi vedere, e così ho fatto. Mi sono salvato tutte le più interessanti mostre fotografiche che avrei voluto vedere di persona passeggiando tra i cluster, e ce ne sono davvero tante!
Arrivo alle 10:30 circa e la prima cosa che volevo era un bel caffè. Niente di meglio dunque del cluster del caffè, dove avevo previsto la prima tappa del mio percorso. Entro nel padiglione del Kenya e ordino un espresso, 1,50 euro. Da li ho capito che avrei dovuto volare basso con le spese, che sarebbe stato tutto molto molto caro, e in effetti sarebbe stato così.
Ma torniamo al percorso, cluster del caffè, targato Illy, dove svettano altissime le enormi stampe di Salgado che raffigurano la lavorazione, essiccazione e esportazione del caffè in molti paesi del mondo. Tutte le più belle mostre di fotografia all’interno dell’area fieristica sono esposte in un percorso che va dall’esterno dei padiglioni per poi snodarsi anche all’interno. Le stampe di Salgado infatti oltre a essere visibili ad altezza uomo ai lati del viale principale, via via che ci addentriamo nel cluster caffè sono appese ad almeno 5 metri di altezza e di dimensioni maestose, sicuramente d’impatto, anche se non propriamente il modo migliore per osservarle, dati i numerosi riflessi del sole sulle stampe e la prospettiva non comune.
Dopo il caffè sono passato al padiglione Eataly, dove sapevo dell’esistenza di una galleria espositiva curata da Vittorio Sgarbi, che quando si tratta di arte è tutto fuorché un opinionista becero e incattivito. La mostra si chiama “Tesori d’Italia”, è al primo piano del padiglione e si snoda in un percorso fantastico di opere d’arte altrettanto belle che sono suddivise per regione. Ogni regione italiana ha un manipolo di artisti esposti. Un viaggio (nemmeno troppo breve, da dedicarci almeno un’oretta) tra i grandi pittori e scultori provenienti da tutte le regioni d’Italia. In questa mostra si apprezzano le profonde diversità nel nostro paese di regione in regione.
Gianni Berengo Gardin, invece, è presente all’Expo con i suoi “Paesaggi di riso”, nel cluster del riso. Anche questa si snoda sia all’esterno che all’interno dei padiglioni permettendoci di godere oltre che delle foto anche di altri temi espositivi. Quello di Gardin è un viaggio attraverso la civiltà contadina italiana che ha prodotto e continua a produrre le migliori qualità di riso al mondo.
Andando avanti nella lunga camminata, nel cluster della frutta, incontriamo la fotografa Irene Kung (contrasto) che ha realizzato un lavoro sugli alberi da frutto italiani, con tempi e modi di esposizione molto intriganti e particolari.
Vicino a lei, nel cluster delle spezie è presente un’esposizione di uno dei miei fotografi preferiti, Alex Webb, che con i suoi meravigliosi colori e contrasti analizza il tema delle spezie nel mondo. La mostra si chiama “the spice route”.
Sono le 13.30 e a quest’ora dopo aver già fatto un paio di km a piedi, mi piglia fame. Mi trovo vicino al padiglione America dove avevano montato dei furgoncini che distribuivano panini, hot dog, hamburger, birre e così via. Perfetto! Ordino un cheeseburger e una birra da 33cl (italiana). 13.50 euro.
Con la pancia piena e il portafoglio vuoto mi dirigo verso il padiglione biomediterraneo, dove ci sono le eccellenze italiane, in particolar modo del sud Italia. Qua si snoda la mostra di Ferdinando Scianna, che narra il rapporto molto profondo dell’autore con i luoghi del mediterraneo.
Nel cluster “Isole” troviamo le foto aeree di arcipelaghi e isole del Madagascar, Cuba, Maldive, coloratissime, della fotografa Magnum Alessandra Sanguinetti. Bello lo spazio espositivo, un pò defilato dal cuore dei padiglioni più importanti, ma godibilissimo sia per la qualità delle immagini che per la corretta esposizione alla luce che filtra dal tetto del padiglione.
Dopo queste visite e aver concluso la lista di mostre che mi ero prefissato, ho deciso di fare un giro casuale nei padiglioni che mi incuriosivano dall’esterno o semplicemente erano accessibili per via della poca gente (si perché in alcuni è impossibile entrare senza fare un’ora o più di fila). Sono entrato così nel padiglione della Russia, stupendo dal punto di vista architettonico e ingegneristico, con una enorme e oblunga terrazza di prati verdi con un bar nel suo punto più alto. Poi, in Ungheria, dove c’è al piano terra una interessante mostra fotografica sull’acqua, mentre al piano superiore e all’esterno un’altra esposizione, ma sulla natura selvaggia e gli animali. Il padiglione UK merita una visita, infatti, dopo essere entrati passando per muri che riproducono alveari giganti, ci si addentra in un giardino con rumori e suoni della natura, prima di raggiungere una gigantesca sfera metallica dove si può entrare e osservare dall’alto il giardino di cui sopra, anche li c’è un bar per chi avesse intenzione di rimanere senza soldi dopo essersi concesso il lusso di un paio di bibite. Mi sono soffermato invece quasi un’ora nel padiglione dell’Argentina, esteticamente orribile, ma pieno di vita, al piano terra infatti un gruppo di ragazzi stava suonando. Ma non strumenti musicali classici, bensì “utensili” e accessori che si trovano nelle strade di città: bidoni, grondaie, tubi, padelle… Dopo ho scoperto che questa particolare e attraente musica si chiama “El Choque urbano”, vi assicuro che è ipnotico vederli e sentirli suonare. In Lituania c’è un mostra fotografica al piano superiore, sul festival della musica lituana, ne vale la pena anche se è molto piccola.
Uno degli ultimi padiglioni che ho visitato, è stato quello della Korea, che secondo me (tra quelli che ho potuto vedere) è l’unico che affronta seriamente il tema dell’Expo, ovvero “nutrire il pianeta, energia per la vita”. Dopo la Korea però, che mi aveva dato una sensazione di speranza, sono entrato nel padiglione del Belgiio, che ha fatto implodere in un attimo tutta la mia speranza nell’umanità, infatti al piano interrato c’è una enorme serra artificiale, dove vengono cresciute piante e spezie tra le più comuni per cucinare, il tutto artificiosamente! No non ci siamo, non credo che così si nutra il pianeta, così si nutre l’Enel.
In conclusione, dopo aver visto tante mostre di fotografia e arte (seriamente interessanti), volete sapere qual’è l’aneddoto che riassume la mia esperienza in Expo?
Ero nel padiglione dell’Azerbaijan, stavo salendo le scale esterne della struttura insieme ad altre persone, accanto a me una signora aveva aperto un pacchettino di cracker e stava probabilmente fermando un morso della fame dopo aver camminato per ore. Ebbene arriva una grossa guardia con l’auricolare al collo e vestita di nero che con fare cattivo ferma la donna e le dice: “No signora! Mi scusi ma qui non si può mangiare!”. Expo. La fiera del cibo.