“Dai no! non sono fotogenica!” “No, non me la fare, non vengo mai bene in foto”.
Mi è capitato spesso di sentire queste parole pronunciate da soggetti più o meno belli che non volevano farsi fotografare, e sarà certamente capitato a tutti coloro i quali amano fotografare le persone.
Il titolo dell’articolo lo si può intendere da due punti di vista: può essere un’affermazione, o un incitamento. Tutti quanti, sono fotogenici, ma allo stesso tempo possono anche non esserlo. E’ una loro scelta; anche quando esclamano “Non sono fotogenico!”. Questa frase, a parer mio, non è altro che un riparo dal terrore di vedersi raffigurati in un’espressione che non ci piace; ovvero, tutti siamo in grado di assumere una particolare espressione, quando vogliamo nel tempo continuato. Quello che spaventa chi si definisce poco fotogenico, è la rapidità d’esecuzione che può avere la fotocamera. La fotografia blocca un’istante ben preciso. “E se in quell’istante, per un qualsivoglia motivo sto facendo una faccia da ebete?”, “Magari poi nella foto si vede che ho la pancia”, “e se poi si vedono le rughe con questa luce?”, “Mi vedo diverso da quello che penso di essere in realtà.”. Questa ostentata sicurezza dei propri limiti, mette in luce soltanto un omertoso comportamento, nei confronti dei propri “difetti”. Una generale insicurezza dei tratti somatici o caratteriali. Ma se prendiamo la citazione di Ferdinando Scianna (sulla quale i fotografi potrebbero dilungarsi in ore di conversazione) che recita: “La fotografia mostra, non dimostra, ci fa vedere il morto, raramente la causa della morte. E in quanto all’ assassino, quello ce lo mettiamo quasi sempre noi”, forse ci possiamo rendere conto di quanto questa omertà sia vana e fastidiosa, almeno per me, che mi trovo dalla parte di chi lo scatto lo fa. Infatti, il soggetto in una foto può venire in un certo modo indipendentemente da come lui pensa di porsi di fronte all’obiettivo. Con una fotografia si può accentuare un pregio, dare risalto a un difetto, o mostrare un lato caratteriale di una persona. Ma tutto quello che si vede in quello scatto, non è dimostrabile. Per esempio se in una fotografia il soggetto fa una smorfia sofferente, non vuol dire che quella persona sia sofferente davvero. Anzi, probabilmente vive il momento più favorevole della sua vita. In quell’istante si mostra sofferente agli occhi dell’osservatore, ma non è dimostrato che soffra veramente. Al contrario si può leggere felicità nel volto di qualcuno, per poi scoprire che in realtà quella persona sta soffrendo.
Quindi quello che è in grado di fare la fotografia, è descrivere un istante; soltanto un breve momento di passaggio nel tempo. In cui probabilmente ci si è accigliati o si è sorriso per un istante. Non dimentichiamo che la fotografia è prima di tutto estetica, è un’immagine. Quello che ci leggiamo è un’altra storia. Per avere continuità di narrazione, in fotografia, ci vogliono più scatti. Ci vuole una serie di immagini che raccontino una storia, che non si fermino solo a quell’istante.
Per cui, per finire, il titolo da cui sono partito, vuole più che altro essere un’esortazione. Cerchiamo di essere fotogenici! Cerchiamo di farci incuriosire da quel breve lasso di tempo in cui la nostra immagine viene fermata nel tempo. Se lo facessimo tutti quanti forse ci sarebbero tante foto diverse, tanti volti con espressioni suggestive, e di conseguenza, più immagini belle per i fotografi. Invece dei soliti sorrisi in posa plastica.
GM