Vi siete chiesti come mai questo scatto del bambino Aylan abbia iniziato un’onda mediatica così forte?
Sicuramente si. E certamente molti si saranno risposti che la fotografia in questione è tremenda, di una efferatezza inaudita, e che suscita in noi fratelli, genitori, madri, figli, un odio e uno schifo viscerale per tutto ciò che sta accadendo ai migranti. Ok, ma questo è lo scòpo di quello scatto; farci vedere il male. Ma invece di questo, non poteva avere lo stesso riscontro, un’altro scatto, di un altro bambino morto? No. Perchè quest’immagine è bellezza poetica. C’è bellezza nell’icona di un bambino supino sulla battigia del mare. Ci sono i colori bellissimi dei suoi vestiti, un pantaloncino blu, abbinato perfettamente al rosso della maglietta, con i piedi coperti del bel marroncino delle scarpe. In più l’ onda che lo sta per travolgere. L’onda di un mare calmo, che non può far male a nessuno, soprattutto ad un bambino che in quel momento è felicemente sdraiato sulla spiaggia e sta aspettando l’ennesima soffice onda che bagnerá il suo viso.
Per un attimo, pensiamola così questa fotografia, pensiamola come “una fotografia” e non “la fotografia” che è divenuta il crudo simbolo di una migrazione epocale e drammatica. Perché il motivo per cui tutti i media l’hanno scelta con arroganza per buttarla in prima pagina è la sua bellezza. Travolgente.
Tutto questo dimostra ancora una volta che la fotografia è uno strumento potente. Che mostra, fa riflettere, ma in quanto tale, può essere utilizzato in varie maniere, e da mani diverse. Mani che controllano il tuo pensiero, la tua indignazione. Se volevano non ce la facevano vedere. Ma da questa foto è partito tutto il movimento mediatico sulla situazione dei profughi. È stato lo strumento per aprire sui telegiornali la grande stagione dei migranti.
Leggiamo le immagini, prima di leggere le didascalie e gli articoli. Grazie.
GM