“E’ un mondo, è un mondo di potenziali suicidi, be’, parlo più che altro degli Stati Uniti, non conosco il resto del pianeta, ma è un posto di potenziali ed effettivi suicidi e di centinaia e di migliaia di donne sole, donne che soffrono per avere compagnia, e poi ci sono gli uomini, che impazziscono, si masturbano, sognano, centinaia e migliaia di uomini che impazziscono per sesso o per amore o per qualsiasi cosa, e, intanto, tutta questa gente, quelli dell’amore perduto, del sesso perduto, quelli che sono spinti al suicidio, svolgono tutti questi lavori succhia-anima che deformano i loro volti come se fossero limoni marci e che spremono i loro spiriti, fuori, fuori, fuori…Nella struttura della nostra società è impossibile per queste persone entrare in contatto fra loro da qualche parte. Chiese, balere, feste sembra non facciano altro che dividerli ancora di più, e i club per appuntamenti, e i sistemi di computer per cercare l’anima gemella non fanno altro che distruggere sempre più una naturalezza che avrebbe dovuto esserci, una naturalezza che è stata frantumata e sembra essere distrutta per sempre nel nostro attuale stile di vita (e di morte). Guardali mentre indossano i loro vestiti sgargianti e salgono sulle loro nuove auto e sgommano verso il NULLA. E’ tutta una manovra di facciata e il contatto umano è andato perso.”
Così scriveva Charles Bukowski, nel lontano 1967 per la rubrica “Taccuino di un vecchio sporcaccione” uscita sulle riviste underground dell’epoca.
Non vi pare di riscontrare in queste parole un sinistro presente che stiamo vivendo? A me sembra proprio di si. Milioni di modi per essere sempre più “social”, sempre più in contatto con tutti, sempre più velocemente. Sempre mettendo in vetrina la propria esistenza. Per chi? Per tanti, cento, mille, un milione di inseguitori, di curiosi, di guardoni. Ma questo “sociale”, è un sociale individuale, è un egocentrismo di massa. Fa perdere la bussola. Una bussola che deve avere come nord geografico e punto di riferimento, la passione. Ma che invece ci allontana da essa. E ci avvicina all’universo del NULLA. Lavori sempre più collegati, ma alienanti, conversazioni inutili di inutilità davanti a una tastiera. Ore e ore a parlare di NULLA. Via la voce, via i sorrisi, via la rabbia. Solo dita che scrivono su tastiere sporche. In un tono sempre uguale, paragonabile al battito cardiaco di un morto nel monitor dell’ospedale.
Riprendetevi la vostra gente e i vostri affetti. Sennò sarà facilissimo per i cattivi del mondo, giocare con voi alle marionette. A tetris. A flipper. E’ un gioco mondiale dell’ebetismo indotto. Materiale. Ti pago per pagare. Ti sfrutto per sfruttare. Non avete più NULLA. Più niente di solido. Di vostro.
Ma forse, Bukowski nel vedere solo gli Stati Uniti, ha visto il mondo intero. Quegli Stati Uniti sono arrivati anche da noi, e si stanno facendo strada nelle viscere della passione. Per distruggerla e annientarci. Un mondo di suicidi.